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Fano Ocean Action 2023
L’importanza della ricerca scientifica e della corretta diffusione di informazioni per rendere l’opinione pubblica consapevole e protagonista. Apprezzata la presenza costante di Cora Fattori, assessore all’ambiente del comune di Fano, che ha partecipato alle varie sessioni FANO OCEAN ACTION 2023 e dato testimonianza concreta di adesione, personale e istituzionale, ai temi trattati e alle soluzioni proposte.
Si è concluso con la firma di un “Manifesto per salvare il mare” da parte delle principali associazioni ambientaliste italiane il Festival FANO OCEAN ACTION 2023 organizzato da Fano Università del Mare odv.
Si è iniziato il 26 luglio nella suggestiva Pinacoteca di San Domenico, messa a disposizione dalla Fondazione Carifano. Ospiti di Fano Jazz, abbiamo organizzato prima del concerto, un intervento “in pillole” di Fabio Brandoni che, per la direzione nazionale di Legambiente ha curato il dossier “Migranti ambientali, gli impatti della crisi climatica” e “I migranti ambientali, l’altra faccia della crisi climatica”. Il ricercatore ci ha documentato il dramma dei “rifugiati climatici”, milioni di persone, soprattutto in Africa e nel Sud Est asiatico, costrette ad abbandonare le loro case e i loro paesi a causa del drammatico cambiamento del clima che porta devastanti alluvioni, desertificazione progressiva con perdita dei raccolti, innalzamento del livello del mare, conseguenti crisi geopolitiche, guerre locali, violenze: 180 milioni di profughi climatici negli ultimi 10 anni destinati a triplicarsi nel futuro prossimo se non interveniamo! Si è proseguito il 27 luglio con Carlo Cerrano, professore di zoologia presso l’Università Politecnica delle Marche, presidente di Fano Unimar e ricercatore presso il Fano Marine Center che ha affrontato un altro tema “caldo”, quello delle migrazioni marine cresciute in modo esponenziale anche a causa dell’aumento delle temperature del mare, dei traffici navali e del raddoppio del canale di Suez, tutte concause che hanno portato al proliferare di specie aliene nel Mediterraneo con il rischio di distruggere la biodiversità del mare.
“La biodiversità è il bene più prezioso del pianeta- è scritto nel manifesto proposto da FANO OCEAN ACTION- Perdere biodiversità significa perdere l’efficienza del funzionamento circolare degli ecosistemi, nonché la capacità degli ecosistemi di rinnovare acqua, aria e cibo, con gravi conseguenze sulla salute dell’umanità e di tutti gli organismi. Proteggere aree di terra e di mare dalle attività dell’uomo più impattanti è oggi la strategia più rapida ed efficiente che abbiamo a disposizione. Purtroppo, l’importanza della funzione che svolgono gli ecosistemi marini è poco percepita e i danni che subiscono sono nascosti sotto la superficie del mare. Per questo è così difficile sviluppare nell’opinione pubblica la giusta percezione della crisi degli oceani”.
Il 28 luglio alla Corte Malatestiana è stata la volta del Fano Marine Center che attraverso la testimonianza di tre giovani ricercatrici, ha messo al corrente il pubblico su alcune delle ricerche portate avanti da questo importante hub universitario, fiore all’occhiello della città di Fano. Ricerche volte allo studio dei fenomeni antropici che stanno impattando sui nostri mari e quindi a fornire strumenti validi per affrontarli e porvi rimedio. Perché senza conoscenza non si può agire efficacemente. In fondo è stato questo il mantra delle 4 giornate del festival FANO OCEAN ACTION 2023: l’importanza della ricerca scientifica e di pari passo, l’importanza della corretta diffusione di quella conoscenza al grande pubblico per renderlo consapevole e protagonista.
Sono impegnate in tal senso la Società Italiana di Biologia Marina e le principali associazioni ambientaliste che si sono susseguite sul palco di Fano Marine Center sabato 29 a conclusione di FANO OCEAN ACTION 2023. Greenpeace, Legambiente, Mare Vivo, Federazione Nazionale Pro Natura, Med React, WWF, Sea Shepherd hanno descritto i loro interventi e i loro programmi a livello nazionale e internazionale. Ci hanno parlato di contrasto alla pesca illegale che in tutto il mondo rappresenta oltre il 30% della pesca, delle terribili “reti derivanti”, fuori legge in tutta Europa ma ancora consentite in Italia, veri e propri “muri della morte” alte anche 40 metri e lunghe decine di chilometri, dove restano intrappolati capodogli, balene, delfini, squali, tartarughe e tantissimi uccelli marini. Si è parlato delle limitazioni da porre entro il 2030 alla pesca a strascico, pratica che causa lo sconvolgimento dei fondali, la cattura accidentale di specie protette e la perdita progressiva di specie marine indispensabili alla biodiversità del mare, quindi alla sua e nostra salute. “Istituire nuove aree protette purtroppo non basta- ha scritto il manifesto FANO OCEAN ACTION- è indispensabile osservarne le regole che ne consentono la tutela e la gestione, aumentando in tutti la consapevolezza del rispetto di questi luoghi.”
Tra i nemici del mare, le micidiali “reti fantasma” abbandonate in acqua quando non servono più ma che continuano a uccidere per decenni, le migliaia di tonnellate di rifiuti accumulati in fondo al mare perché quello che si vede sulle nostre spiagge è solo la punta dell’iceberg. La maggior parte dei rifiuti finisce sui fondali e si tratta soprattutto di plastica che con il tempo diventa microplastica, invisibile ma ormai molto diffusa e presente in tracce persino nella placenta umana.
Tra i vari interventi si è parlato anche di squali con Francesco Ferretti, maceratese, ricercatore del Virginia Tech impegnato in una importante campagna sullo squalo bianco al fine di individuare le aree da tutelare con urgenza per garantire la sopravvivenza della popolazione mediterranea.
“In Mediterraneo gli squali sono in forte diminuzione – ha detto Ferretti – Il rischio è che si incorra in squilibri ecosistemici più o meno drammatici come è già successo nella costa orientale degli Stati Uniti dove la pesca eccessiva di grandi squali è stata responsabile del collasso di una delle più importanti e storiche attività estrattive del North Carolina, la pesca delle capesante. Una volta eliminati i predatori, infatti, si è verificata l’esplosione di una specie di aquila di mare che si ciba di questi bivalvi.”
Nel convegno FANO OCEAN ACTION 2023 si sono analizzati i danni che l’uomo ha prodotto alla natura ma anche le possibili soluzioni che si devono adottare velocemente, per esempio gli interventi che l’Europa chiede insistentemente agli stati membri, per ripristinare entro il 2030 il 20% degli ecosistemi che l’uomo ha distrutto in mare e in terra in questi ultimi 100 anni (Nature Restoration Law).
A fronte dell’elenco senza fine dei disastri ambientali prodotti dall’uomo, sono emersi dal confronto anche elementi positivi come la più diffusa sensibilità della popolazione verso la salvaguardia del mare, riscontrata in questi ultimi anni da tutte le associazioni ambientaliste, soprattutto il numero crescente di giovani fortemente motivati che vogliono partecipare da protagonisti al cambiamento così come l’aumento delle iscrizioni ai corsi universitari di Biologia marina.
Non solo. È emersa l’importanza della ricerca scientifica e di pari passo l’importanza delle associazioni ambientaliste impegnate nella corretta diffusione al grande pubblico di quella conoscenza allo scopo di renderlo consapevole e protagonista.
“Un passo ulteriore rispetto a ciò che era già successo negli ultimi decenni- ha commentato Fabio Brandoni- se pensiamo al nostro quotidiano, appena pochi anni fa ciascuno di noi aveva un altro tipo di percezione rispetto, ad esempio, all’utilizzo della plastica monouso, o all’utilizzo di alcune fonti energetiche, o perfino rispetto al gesto banale di gettare per terra una sigaretta. Sono davvero tanti i messaggi che grazie anche agli attivisti sono passati in questi anni; certo, mi piacerebbe che ci fosse più consapevolezza a livello di scelte politiche, che fossero un po’ più coraggiose sul versante della transizione.”
C’è fame di conoscenza, insomma, quella vera e corretta, che serva a contrastare l’eco-ansia, fenomeno sempre più diffuso tra i giovani, ma non solo, che porta a un frustrante senso di impotenza o di negazione, alimentato anche dal bombardamento di informazioni false e tendenziose, pratica condannata in questi giorni da 100 scienziati italiani che hanno firmato un manifesto indirizzato ai media.