Dal piatto al mare: le nostre scelte per un futuro sostenibile
Buongiorno Dottoressa Valettini, grazie per aver accettato questa intervista. La sua presentazione a “Il Pesce Giusto” sul consumo sostenibile di pesce è stata molto apprezzata.
Buongiorno, grazie a voi per l’invito. È stato un piacere partecipare a “Il Pesce Giusto” e parlare di un tema così importante.
Nel suo intervento ha citato il rapporto FAO 2024, secondo cui oltre l’88% degli stock ittici valutati ha raggiunto i limiti di sfruttamento sostenibile. Potrebbe spiegarci meglio cosa significa questo dato e quali sono le cause principali di questa situazione?
Certamente. Questo dato significa che la grandissima maggioranza degli stock ittici (ossia di frazioni delle diverse popolazioni sfruttate dalla pesca) nel mondo viene pescata ad un ritmo pari o superiore alla loro capacità di rigenerarsi. In pratica, stiamo prelevando più pesce di quanto l’ecosistema riesca a produrre, il che porta ad un impoverimento progressivo delle risorse. Le cause principali di questa situazione sono molteplici. Sicuramente la pesca industriale intensiva gioca un ruolo fondamentale, ma anche la pesca illegale, le catture accidentali di specie non bersaglio e l’utilizzo di attrezzature da pesca distruttive contribuiscono al problema. Soprattutto c’è stato un aumento della domanda globale, in proporzione molto superiore rispetto all’aumento demografico; oggi si mangia più pesce ma, per abitudini alimentari consolidate, si tende a consumare sempre e solo poche specie, ormai sovrasfruttate,
Lei ha menzionato la pesca di esemplari giovani, la cattura durante il periodo riproduttivo e l’uso di attrezzi da pesca illegali come cause di sovrasfruttamento. Potrebbe approfondire questi aspetti e il loro impatto sugli ecosistemi marini?
Pescare esemplari giovani, che non hanno ancora avuto la possibilità di riprodursi, significa privare la popolazione di una futura generazione di pesci, compromettendone la sopravvivenza a lungo termine. Allo stesso modo, la pesca durante il periodo riproduttivo impedisce agli animali di riprodursi, con effetti simili. Gli attrezzi da pesca illegali, come le reti a strascico a maglia troppo fitta o le reti derivanti, catturano indiscriminatamente ogni forma di vita, danneggiando i fondali marini e interi ecosistemi.
Un altro tema importante che ha sollevato riguarda le catture accidentali e le specie ittiche poco conosciute, evidenziando che queste rappresentano più del 25% del pescato totale. Quali sono le conseguenze di questo fenomeno, sia in termini economici che di biodiversità?
Le catture accidentali, dette anche bycatch, rappresentano un gravissimo problema per gli ecosistemi marini. Spesso i pesci catturati accidentalmente appartengono semplicemente specie che hanno un valore commerciale nullo o molto basso e, di conseguenza, vengono considerati scarti, sebbene siano buoni, sani e frutto di una pesca locale artigianale. Questo rappresenta un’occasione mancata sia dal punto di vista economico che alimentare.
Lei ha detto che solo una piccola percentuale delle oltre 700 specie marine commestibili viene effettivamente commercializzata. Cosa impedisce a queste altre specie di arrivare sulle nostre tavole? Si tratta di un problema di gusti, di cultura o di mancanza di informazioni?
È un mix di questi fattori. Spesso i consumatori sono restii a provare specie nuove perché non le conoscono o perché hanno abitudini alimentari radicate. C’è una sorta di “resistenza” culturale verso alcune specie ittiche, considerate erroneamente meno pregiate. Spesso manca anche una corretta informazione sulle caratteristiche nutrizionali e gastronomiche di queste specie “ritrovate”, che potrebbero rappresentare una valida alternativa al consumo di quelle più conosciute e sovrasfruttate.
Il progetto Pesce Ritrovato by FISH Scale, a cui fa riferimento, si è proposto l’obiettivo di promuovere un consumo di pesce più sostenibile e di far conoscere e valorizzare le “specie ritrovate”. Quali sono le azioni concrete che il progetto ha messo in campo per raggiungere questo obiettivo?
Il progetto FISH Scale, cofinanziato dallo strumento finanziario LIFE dell’Unione europea, si è concluso da qualche anno, ma rimane molto attuale, per quanto riguarda gli obiettivi che si era proposto e per i risultati concreti delle attività svolte: abbiamo condotto una campagna di comunicazione e sensibilizzazione su tutto il territorio nazionale, attraverso l’organizzazione di eventi, conferenze, show cocking e la produzione di materiali informativi. Inoltre, sono stati coinvolti tutti gli attori della filiera della pesca: dai pescatori, alla grande distribuzione, ai ristoratori ai consumatori, creando sinergie tese alla promozione delle specie ittiche meno conosciute del nostro Mar Mediterraneo.
Ha parlato di creazione di una rete di operatori del settore, di sensibilizzazione dei consumatori e di valorizzazione delle specie “ritrovate”. Potrebbe illustrare alcuni esempi concreti di queste attività?
Certo. Innanzitutto abbiamo creato una lista di specie sostenibili, poco sfruttate, poco conosciute e buone dal punto di vista alimentare e gastronomico, corredata da informazioni sulla stagionalità, consigli e ricette di cucina e i metodi di pesca utilizzati.
Per quanto riguarda la rete di operatori, abbiamo coinvolto ristoranti, hotel e pescherie che hanno aderito al nostro codice di condotta. Per la sensibilizzazione, abbiamo organizzato eventi come la “Settimana del pesce sostenibile” presso alcuni punti vendita Coop, durante i quali i banchi del pesce erano riforniti con specie “ritrovate” e operatrici dedicate le illustravano ai clienti; inoltre, Legambiente, partner del progetto, contribuì a divulgare la tematica del consumo sostenibile durante la campagna annuale di “Goletta Verde”.
Qual è il ruolo dei consumatori e delle consumatrici nel promuovere la sostenibilità della pesca? Cosa possiamo fare concretamente, nelle nostre scelte quotidiane, per contribuire a questo obiettivo?
Il ruolo dei consumatori e delle consumatrici è fondamentale. Informarsi sulla provenienza del pesce, scegliere specie locali e di stagione, preferire metodi di pesca a basso impatto ambientale, acquistare e consumare anche specie meno conosciute, non acquistare pesci sotto taglia, sono tutte azioni concrete che, se adottate da un numero crescente di persone, possono fare la differenza.
Grazie a lei per l’opportunità di parlare di questi temi così importanti.